Nato in Emilia-Romagna nel 1996 è uno sport che si è diffuso in tutta Italia. Però, attenzione: il rischio infortuni è molto alto
Il beach tennis è nato in Emilia-Romagna quasi 30 anni fa, nel 1996. È lì che sono state organizzate le prime manifestazioni, che si sono diffuse velocemente in tutto il resto d’Italia. Tanto che i primi campionato italiani risalgono al 2005, gli Europei e i Mondiali nel 2007. È uno sport ormai consolidato ed è sotto l’approvazione tanto della FIT (Federazione Internazionale Tennis), quanto dell’ITF.
Le regole sono un mix tra quelle del tennis e del beach volley: è uno sport che si basa sul dinamismo tipico del tennis e sugli scambi privi di rimbalzi per terra della pallina, come nel beach volley. Per quanto riguarda il punteggio viene chiamato con “0, 15, 30, 40, Game” e si può scegliere di giocare una “partita ai vantaggi” o una “partita con tie-break”. Si possono giocare partite sia in singoli che in doppi, ma solitamente viene privilegiato il gioco di coppia. Ma attenzione: il rischio infortuni è più alto di quanto si possa pensare. Lo dice Andrea Bernetti, vicepresidente dalla Società italiana di medicina fisica e riabilitativa, ad Adnkronos Salute e ripreso da Gazzetta Active: “Secondo una recente ricerca condotta su circa 200 giocatori di beach tennis l’incidenza degli infortuni nel BT è pari a 1,81 per 1000 ore di gioco”.
Prima di parlare degli infortuni, cerchiamo di capire quali sono quelli più frequenti. Per quanto riguarda quelli da sovraccarico, “erano maggiormente frequenti a livello dell’arto superiore (tendinopatia della spalla e del gomito), mentre gli infortuni acuti erano più frequenti a livello dell’arto inferiore (muscoli della coscia e legamenti dell’alluce e della caviglia)”, ha spiegato Bernetti. Diverse anche sono le casistiche tra giocatori agonisti e amatoriali: i primi “hanno una quantità simile di infortuni acuti e cronici”, mentre “i giocatori amatoriali hanno invece principalmente infortuni cronici, che costituiscono il 61,1% degli infortuni”.
Il motivo? Secondo Bernetti, dipende dal fatto che “i giocatori amatoriali hanno una pratica irregolare in termini di frequenza e intensità, che non permette alle strutture muscolo-tendinee di adattarsi quando affrontano carichi di lavoro elevati, che possono essere meno graduali e continui rispetto ai giocatori professionisti”.
Detto questo, diventa quindi importante conoscere bene la natura del problema e anche le caratteristiche del beach tennis per prevenire gli infortuni. Anche perché in caso di k.o. fisico non ci può essere il minimo errore nel curarlo o comunque, come tutti gli infortuni fisici, non va sottovalutato. Però, come nascono gli infortuni nel beach tennis?
Lo ha spiegato sempre Andrea Bernetti, vicepresidente dalla Società italiana di medicina fisica e riabilitativa, ad Adnkronos Salute: “Poiché il beach tennis prevede generalmente molti movimenti con l’arto che impugna la racchetta in elevazione inclusi il servizio, le mosse difensive e gli attacchi, questo potrebbe spiegare la maggiore incidenza di infortuni a livello della cuffia dei rotatori. Inoltre, muoversi sulla sabbia richiede più energia a causa del lavoro meccanico maggiore e alla minore efficacia del lavoro muscolare. Sono in pratica richiesti maggiori carichi articolari e muscolari sulla sabbia per produrre più potenza utile”, ha concluso.
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