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Apnea notturna, che cos’è e con quali terapie curarla

Mentre si dorme capita spesso di russare. Oltre a essere un problema per le orecchie e il sonno di chi ci sta accanto, può rivelarsi problematico anche per chi lo fa. Potrebbe infatti subentrare l’apnea notturna, conseguenza acuta del russamento che genera un collasso totale delle pareti della gola e ostruisce il passaggio dell’aria. Senza il dovuto monitoraggio, rischia di generare gravi complicazioni.

Immagine | Pexels @AndreaPiacquadio

Cos’è l’apnea notturna?

Se il russare provoca la vibrazione delle pareti della gola, la sindrome delle apnee notturne ostruttive (Osas) all’opposto le blocca e impedisce al soggetto di inalare ossigeno nel sonno. L’azione viene però intercettata subito dal cervello che risponde con un aumento dell’ossigenazione e accelera il respiro causando lo “sblocco” dovuto all’apnea ma spesso anche l’interruzione del sonno.

Le cause dell’apnea notturna possono essere molteplici. Per esempio uno scarso stimolo del sistema nervoso, che fa perdere forza alla muscolatura della gola durante il sonno. Oppure un eccesso di volume dei tessuti interni, come le tonsille ingrossate o lingua e palato voluminosi. Altri due fattori che portano a una condizione di apnea notturna sono l’obesità e il fumo. Si può perciò prevenire, per contro, dimagrendo e smettendo di fumare, ma anche non consumando alcolici, evitando farmaci con effetto sedativo e, più semplicemente, non dormire supini.

Sintomi e diagnosi

Per queste sue caratteristiche, non si tratta di un fenomeno che si possa diagnosticare da soli con facilità. Sono infatti i partner o le persone che convivono con il soggetto che ne soffre a poter indicare il problema e descrivere i sintomi. Quelli che invece si possono intuire da soli sono la sonnolenza ingiustificata nel corso della giornata e la difficoltà a rimanere svegli la sera, davanti alla televisione o al computer.

È possibile procedere a una diagnosi, anche a domicilio, grazie alla polisonnografia. Si tratta di un esame non invasivo che analizza e monitora la respirazione del potenziale paziente mentre dorme. Attraverso lo studio, lo specialista può capire quanti episodi vengono registrati e con che frequenza si manifestano. Se il numero delle apnee notturne di almeno dieci secondi è superiore a cinque, allora deve essere curata. Al di sotto di quella cifra si può parlare di valori fisiologici. In base ai risultati si può dunque procedere con un trattamento personalizzato.

Immagine | Pixabay @StockSnap

Le due possibili cure

Esistono una terapia medica e una chirurgica per curare le apnee notturne. Quella medica si avvale della C.P.A.P. (Continuous Positive Air Pressare), ovvero applicare una mascherina a livello nasale collegata a un apparecchio piccolo che insuffla aria. L’immissione costante di aria a pressione nelle prime vie aree impedisce il loro rilassamento ed evita così l’ostruzione. Un altro possibile intervento lo possono svolgere gli odontoiatri con dispositivi di avanzamento mandibolare per ampliare lo spazio tra le pareti della gola.

La terapia chirurgica si opta invece quando c’è la necessità assoluta di modificare le alterazioni o le patologie delle prime vie respiratorie che causano l’ostruzione. Il chirurgo interviene nei punti di maggior ristrettezza e operare quindi su naso, palato molle, base della lingua, mandibola, tonsille o adeonidi.

Lorenzo Rotella

Leggo e scrivo da quando ne ho memoria e sono un critico onnivoro di cinema e letteratura. Militante dell’associazione Carovana Antimafia Ovest Milano dal 2018, copywriter di cronaca per grandi media dal 2019, giornalista del quotidiano La Stampa dal 2021, collaboratore del magazine e sito web Green Planner dal 2022, autore della raccolta di poesie “Mille Soli Una Notte” edito da NMBook World.

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