Si potrebbe definire l’apatia come una “perdita di motivazione”, intesa come guida al comportamento necessario per poter mettere in atto una condotta finalizzata al raggiungimento di uno scopo. Ma vi sono anche soggetti apatici con motivazione intense che, però, non riescono a mettersi in movimento. In questo caso sono carenti i passaggi da mettere in atto per raggiungere il fine.
Questa impossibilità determina i livelli di gravità dell’apatia. Spesso si fa confusione fra apatia e depressione, ma non necessariamente le due patologie sono collegate. Sì, vi sono tratti apatici nei soggetti depressi, ma solitamente sono accompagnati anche da adonia (assenza di piacere nel fare le cose), senso di vergogna e senso di colpa. Nei soggetti apatici, molte volte prevale scarsa empatia o scarsa consapevolezza di sé che li porta difficilmente a esperire sentimenti di colpa.
Bisogna distinguere bene tra disturbi depressivi e apatia, anche per quanto riguarda i trattamenti farmacologici. L’apatia vede il coinvolgimento di di strutture neuroanatomiche differenti rispetto a quelle coinvolte nel disturbo depressivo. Talvolta l’apatia deriva da lesioni lesioni cerebrali, traumatiche o vascolari, altre volte può essere il segnale clinico di esordio di un quadro demenziale.
L’apatia potrebbe essere il risultato di una compromissione del collegamento dell’emozione all’azione, di un’inerzia cognitiva, o di un deficit dell’auto-attivazione.
Nel primo caso si osserva che la corteccia prefrontale ventro-mediale e orbito frontale è fondamentale per l’associazione di emozioni allo svolgimento di un compito. Questa zona è anche prossima alle aree che regolano l’appetito.
Nella situazione di inerzia cognitiva a generare lo stato di apatia è l’elaborazione dell’obiettivo. Riuscire a formulare pensieri e articolarli tra loro in una sequenza articolata che porta alla completa esecuzione di un compito è un’abilità cognitiva recente dal punto di vista evoluzionistico. Una lesione delle regioni frontocorticali o di altre parti connesse ad essa può portare a grosse difficoltà anche in operazioni considerate semplici.
Nel terzo caso, invece, gli stimoli che determinano una condotta umana possono derivare sia dall’ambiente interno che esterno. In soggetti con lesioni a livello dei nuclei della base, si può osservare una completa incapacità a svolgere qualunque azione. Questa viene considerata la forma più grave di apatia, definita abulia.
Sarebbero proprio i gangli della base le strutture deputate a integrare, organizzare e filtrare le informazioni provenienti dall’interno o dall’esterno. Gli studi di neuroimmagine in soggetti apatici con lesioni dei gangli basali rilevano una riduzione dell’attività della corteccia prefrontale.
I sistemi neurotrasmettitoriali che verrebbero compromessi nelle varie forme di apatia riguarderebbero in modo primario le vie dopaminergiche ed è proprio sui farmaci dopamino-agonisti che si sta concentrando la ricerca per migliorare l’apatia come sintomo, anche se per la cura delle cause a monte ci vuole ancora del tempo.
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