Due giorni fa l’ex Inter, e campione del mondo con la Germania Ovest a Italia ’90 (segnando un rigore nella finale contro l’Argentina di Diego Armando Maradona), Andreas Brehme è morto a soli 63 anni a causa di un arresto cardiaco. Ma esattamente, di cosa si sta parlando? L’arresto cardiaco è un’interruzione dell’attività cardiaca e respiratoria, che causa la perdita di coscienza. Il cuore si ferma e smette di pompare sangue in tutto il corpo. Questa situazione non permette l’arrivo di sangue ossigenato al cervello che, in poco tempo, può subire danni seri e anche irreversibili, arrivando addirittura al decesso. Ed è quello che, purtroppo, è accaduto all’ex terzino interista, che in nerazzurro tra il 1988 e il 1992 ha conquistato lo scudetto dei record con Giovanni Trapattoni, oltre a una Supercoppa Italiana e a una Coppa Uefa. Detto questo, l’interruzione dell’attività cardiaca è determinata da alterazioni dell’attività elettrica del cuore, cioè aritmie, che ne impediscono la contrazione efficace.
L’arresto cardiaco può essere causato da un infarto; un’aritmia; una miocardite grave; patologie genetiche; insufficienza respiratoria; uno scompenso del cuore che non riesce a svolgere la sua funzione di pompa; un forte trauma (dovuto, ad esempio, a un incidente). Ma come si può prevenire? È importante valutare la funzione cardiovascolare attraverso un ecocardiogramma, che analizza l’anatomia del cuore in azione e misura la sua abilità di pompa, rilevando eventuali problemi che possono aumentare il rischio di morte improvvisa. Non solo. Si può prevenire anche con un elettrocardiogramma. È consigliabile mangiare sano, non fumare, ridurre lo stress, praticare attività fisica cercando di tenere sotto controllo il proprio peso.
In Europa, ogni anno muoiono oltre 400mila persone per arresto cardiaco. E lo stesso vale negli Stati Uniti e per molte altre parti del mondo. In Italia ogni anno sono 60mila le persone colpite da arresto cardiaco. Il primo fattore di rischio che predispone all’arresto cardiaco è l’età. Questo fenomeno generalmente colpisce di più gli uomini rispetto alle donne, anche se sopra i 50 anni si raggiunge la parità. L’età critica è dai 45 anni in su. Altri fattori a rischio sono l’ipertensione arteriosa; l’obesità; le alterazioni nei livelli sanguigni di colesterolo e trigliceridi (dislipidemie); il diabete; l’aterosclerosi; il fumo di sigaretta; la vita stressante; un infarto pregresso; patologie del cuore; un’elevata frequenza cardiaca a riposo.
Quali sono, però, i sintomi di un arresto cardiaco? C’è da ricordare che si tratta di un evento che avviene in maniera improvvisa e inattesa, con o senza segni premonitori. Può manifestarsi, infatti, in totale assenza di sintomi o essere preceduto dai sintomi tipici dell’infarto, se questo ne costituisce la causa. Però, esempi di sintomi sono un dolore intenso al petto; dolore alle spalle; dolore alla “bocca dello stomaco” (epigastrio); dolore alla mandibola; sensazione di peso nella parte retrosternale; nausea; vomito; sudorazione eccessiva; affanno (dispnea). Come si cura? Esistono solo due tipi di intervento che si sono dimostrati efficaci nel migliorare la sopravvivenza del paziente colpito da arresto cardiaco: le manovre di supporto vitale di base (Basic Life Support) e la defibrillazione precoce nei soggetti per i quali è indicata. Naturalmente, come si può ben comprendere, il successo della guaribilità di un arresto cardiaco si basa sulla identificazione rapida dell’assenza di polso e nell’intraprendere rapidamente le manovre di rianimazione cardiopolmonare, necessarie per sostituire la funzione cardiaca e respiratoria. Anche con l’obiettivo di ritardare i danni cerebrali che possono sopraggiungere nel giro di minuti. Infatti, dopo quattro minuti iniziano i danni cerebrali, mentre dopo dieci minuti le lesioni diventano irreversibili
Quando si parla di arresto cardiaco, non bisogna cadere nell’errore di confonderlo con l’infarto. Sono, infatti, due cose diverse. Nonostante questo, spesso vengono confuse. Se con il termine “arresto cardiaco” si intende l’improvvisa e completa interruzione dell’attività di tutto il cuore e la conseguente interruzione di circolo in tutto l’organismo, con il termine “infarto”, invece, si fa riferimento al danno provocato solo a una porzione del cuore a causa dell’occlusione di un’arteria che porta il sangue al tessuto muscolare cardiaco (arteria coronaria). Questa occlusione causa l’interruzione del flusso sanguigno e dell’apporto di ossigeno provocando la disfunzione o la morte di una parte del tessuto cardiaco. La persona colpita da infarto è di solito cosciente e avverte sintomi tipici.
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