Allarme pertosse. Il primo a parlare di un possibile rischio di epidemia era stato l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) mostrando i dati di casi accertati di pertosse in Europa nel 2023 e fino ad aprile 2024. E i numeri, infatti, sono preoccupanti: 60mila, con un incremento di oltre 10 volte rispetto agli anni 2022 e al 2021. Come riporta il Corriere della Sera, l’allerta è anche in Italia. La pertosse sta colpendo principalmente neonati e lattanti non vaccinati e che ha fatto registrare tre morti dall’inizio dell’anno, con un aumento dell’800% dei ricoveri rispetto al 2003.
“La pertosse è una malattia fortemente contagiosa e pericolosa, soprattutto nei primi mesi di vita e nei neonati che hanno un maggior rischio di complicanze e di decesso. In questa fascia di età la mortalità è compresa tra l’1 e l’1,5%. Possiamo tutelare questa popolazione particolarmente vulnerabile attraverso l’immunizzazione della mamma durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza, altamente sicura ed efficace nel proteggere i bambini ancora troppo piccoli per poter essere vaccinati. Invitiamo le donne in gravidanza a fare la vaccinazione contro la pertosse perché in gioco c’è la vita dei nostri piccoli. È inaccettabile che nel 2024 si possa morire a causa di malattie infettive per le quali esistono vaccini efficaci e sicuri”, le parole della presidente dei pediatri, Annamaria Staiano, al Corriere della Sera.
C’è grande preoccupazione per il picco di casi che potrebbe arrivare in estate. Al momento, in Italia, i casi sono stati 110 con oltre 15 ricoveri in terapia intensiva e tre neonati deceduti, con una maggiore incidenza in Campania, Sicilia e Lazio. “Basta l’attuale aumento del numero dei casi di pertosse, non solo nel nostro Paese, per dimostrare la necessità di mettere in atto urgentemente tutti gli interventi di comunicazione finalizzati ad informare la popolazione circa i rischi di un ulteriore picco di casi nel corso anche della prossima stagione estiva. Abbiamo a disposizione un vaccino sicuro ed abbastanza efficace in grado di contrastare la diffusione di tale malattia infettiva e contribuire a salvaguardare soprattutto la salute dei bambini più piccoli. L’indicazione è che tutti coloro (adolescenti ed adulti inclusi) che non risultano adeguatamente vaccinati contro la pertosse possano provvedere nel più breve tempo possibile ad effettuare le necessarie dosi di richiamo vaccinale per proteggere non solo loro stessi ma anche i più fragili”, ha spiegato Rocco Russo, responsabile tavolo tecnico vaccinazioni e malattie infettive SIP.
Se si ha un bambino sotto i 60 giorni che non può essere vaccinato e la mamma non si è vaccinata in gravidanza, cosa può fare per proteggerlo? In considerazione del fatto che “la diffusione della pertosse avviene attraverso le goccioline di saliva disperse nell’aria da una persona malata attraverso la tosse, sarebbe opportuno evitare il più possibile il contatto con soggetti con sintomatologia compatibile con una diagnosi di pertosse, compresa lei stessa che potrà ovviamente accudire il suo bambino mettendo in atto anche tutti gli interventi non farmacologici per la diffusione dello stesso batterio. Per eventuali prossime gravidanze, al fine di evitare di correre rischi inutili, la vaccinazione della donna in gravidanza è raccomandata nel terzo trimestre (idealmente intorno alla 28° settimana, in un range che va dalla 27° alla 36° settimana) di ogni gravidanza, anche se una vaccinazione è stata effettuata l’anno precedente o se la donna risulta essere in regola con i richiami dello stesso vaccino”, ha aggiunto Russo.
Al contrario, se il bambino è sopra i 60 giorni bisogna iniziare il prima possibile il ciclo vaccinale con la prima dose di vaccino esavalente e rispettare il più possibile i tempi previsti per le dosi successive. “È bene tenere presente che una sola dose di vaccino per la pertosse non garantisce al neonato un’adeguata protezione, per cui resta sempre valida la raccomandazione di proteggerlo ulteriormente evitando il più possibile il contatto con soggetti con sintomatologia compatibile con una diagnosi di pertosse”, ha concluso Russo.
Le ragioni non sono ancora chiare ma sembrano essere collegate a diversi fattori, come ha spiegato Fabio Midulla, responsabile della Pediatria d’urgenza dell’ospedale e Professore Ordinario di Pediatria alla Sapienza di Roma. “Tra le quali, le limitazioni causate dalla pandemia di Covid-19 che hanno interrotto la diffusione dei patogeni respiratori comuni, influenzando negativamente anche la copertura vaccinale. Per contrastare efficacemente la pertosse è fondamentale mantenere elevate coperture vaccinali in tutta la popolazione. Il vaccino contro la pertosse non conferisce un’immunità permanente, perdendo efficacia nel corso del tempo. Per questo motivo, oltre alla vaccinazione della donna in gravidanza, è essenziale fare tutti i richiami previsti dal calendario vaccinale ad ogni età: tre dosi nel primo anno di vita con l’esavalente, un richiamo al sesto anno, un richiamo ulteriore tra 12 e i 18 anni e poi ogni 10 anni”.
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