L’Organizzazione Panamericana della Sanità (Paho) lancia l’allarme sulla dengue: il continente americano sta affrontando la peggiore epidemia di febbre dengue della storia nel 2024, con oltre 3,5 milioni di casi confermati e almeno mille decessi, ovvero circa l’80% dei casi mondiali. Nei primi tre mesi dell’anno, i casi sono triplicati rispetto allo stesso periodo del 2023. Ma vediamo tutto quello che c’è da sapere a riguardo.
Nel rapporto pubblicato oggi, la Paho sottolinea un drammatico aumento dell’incidenza della febbre dengue, che è cresciuta del 249% rispetto all’anno precedente e del 354% rispetto alla media degli ultimi 5 anni. La diffusione della malattia coinvolge 18 paesi del continente, ma Brasile, Argentina e Paraguay sono tra i più colpiti. In particolare, in Brasile, al 27 marzo, i casi confermati ammontano a 2.323.150, con un’incidenza di 1.144 casi per centomila abitanti e almeno 830 decessi registrati. Nel Paraguay, il numero di casi di dengue segnalati quest’anno è 23 volte superiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando da circa 6.900 casi nel 2023 a 160.900 nel 2024. In Argentina, nello stesso confronto, i casi sono passati da 8.300 a 102.800. In entrambi i paesi, sono stati registrati rispettivamente 43 e 69 decessi a causa della malattia.
La dengue, conosciuta anche come “febbre rompiossa” è una malattia febbrile causata da quattro tipi di virus (Den-1, Den-2, Den-3 e Den-4) e si trasmette agli esseri umani tramite le punture di zanzare infette, che previamente hanno punto una persona malata.
La dengue non si trasmette direttamente tra esseri umani, ma il virus circola nel sangue di una persona infetta per 2-7 giorni, durante i quali le zanzare possono acquisirlo e trasmetterlo ad altri individui, come chiarito dall’Istituto Superiore di Sanità. In entrambi i casi, sembra che la trasmissione non sia legata a viaggi in aree in cui la malattia è comune.
Questo virus è ampiamente diffuso nelle regioni tropicali e subtropicali di tutto il mondo, compresi l’Africa, il Sud-est asiatico, la Cina, l’India, il Medio Oriente, l’America Latina, l’America Centrale, l’Australia e numerose aree del Pacifico. La malattia è endemica in oltre 100 Paesi nelle regioni meridionali del mondo.
La dengue si trasmette tramite la puntura di zanzare femmine infette appartenenti al genere Aedes. Sia le Aedes aegypti, principalmente presenti nelle aree tropicali e subtropicali, che le Aedes albopictus, conosciute come “zanzare tigre” e presenti anche in regioni temperate come le nostre, possono essere coinvolte nella diffusione della malattia. In Africa, alcune altre specie di zanzare sono state identificate come potenziali vettori del virus della dengue.
Le persone infette, sia se manifestano sintomi, sia se sono asintomatiche, diventano temporaneamente portatori del virus della dengue. Quando una zanzara si nutre di sangue da un ospite infetto (ossia durante il periodo in cui il virus della dengue circola nel sangue), può trasmettere il virus a un altro individuo dopo 1-3 settimane. Le zanzare Aedes, a differenza delle zanzare Anopheles che trasmettono la malaria, sono solite pungere durante il giorno, specialmente dopo l’alba e prima del tramonto.
Il virus dengue non si trasmette direttamente da persona a persona. Le zanzare entrano in contatto con l’agente virale pungendo esseri umani o animali infetti e rimangono portatrici di dengue per tutto il loro ciclo vitale. Le epidemie sono sostenute, quindi, dalla trasmissione uomo-zanzara-uomo.
Dal punto di vista sintomatologico, la dengue può presentarsi, in due forme distinte: classica o emorragica.
La febbre dengue (classica), di solito, si manifesta dopo un periodo di incubazione di 3-15 giorni, con l’insorgenza improvvisa di una febbre alta, che può raggiungere i 40 gradi, accompagnata da brividi, cefalea e sudorazione intensa. All’inizio dell’infezione da virus dengue, compaiono sintomi come mialgie, lombalgia e dolori acuti alle gambe e alle articolazioni, motivo per cui la malattia è comunemente chiamata “febbre rompiossa”. Altri sintomi includono l’arrossamento delle congiuntive, dolore retroorbitale e ingrossamento dei linfonodi.
La febbre e gli altri sintomi persistono per 48-96 ore, seguiti da un breve periodo di assenza di febbre e apparente miglioramento della condizione per circa 24 ore. Successivamente, si verifica un’eruzione cutanea maculo-papulare che si diffonde dal tronco alle estremità e al viso, simile a quella del morbillo. Altri sintomi possono includere disturbi gastrointestinali e sintomi respiratori come tosse, mal di gola e naso che cola. In alcuni casi si possono osservare piccole emorragie come sanguinamento dal naso e dalle gengive, anche se i decessi sono rari.
Nella forma emorragica della dengue, che può essere simile alla variante classica nelle fasi iniziali, si sviluppano ulteriori sintomi. Durante il secondo picco febbrile, che è indistinguibile dalla variante classica, si manifesta trombocitopenia (una diminuzione delle piastrine nel sangue), deplezione di liquidi e segni emorragici come petecchie, ecchimosi, epistassi (sanguinamento dal naso), sanguinamento delle gengive, ematemesi (vomito di sangue) e melena (sangue nelle feci). Se non trattata, la forma emorragica della dengue può essere potenzialmente letale, portando al collasso e allo stato di shock cardiocircolatorio a causa della molteplicità e dell’abbondanza delle emorragie.
Non esistono farmaci specifici antivirali per trattare l’infezione da virus della dengue. La terapia è principalmente di supporto e mira a controllare e alleviare i sintomi.
La gestione della malattia si concentra sull’idratazione e il riposo per le forme lievi o moderate, mentre nei casi più gravi è necessaria la somministrazione endovenosa di liquidi e, talvolta, l’emotrasfusione.
È importante evitare farmaci antipiretici come l’acido acetilsalicilico e l’ibuprofene, poiché potrebbero aumentare il rischio di emorragie, mentre il paracetamolo può essere utilizzato per ridurre la febbre e i dolori articolari.
Le persone infette dovrebbero essere protette indoor, ad esempio utilizzando zanzariere, per prevenire ulteriori punture di zanzara durante i primi giorni della malattia e interrompere il ciclo di trasmissione.
Dopo aver superato l’infezione, si sviluppa un’immunità persistente, ma specifica per il sierotipo virale che ha causato l’infezione. Tuttavia, questa immunità è solo parziale e temporanea nei confronti degli altri tre sierotipi virali, il che significa che un soggetto precedentemente immune a un sierotipo rimane suscettibile agli altri tre. La re-infezione da sierotipi diversi aumenta il rischio di sviluppare la forma più grave, la dengue emorragica.
Attualmente, in Italia, non è disponibile un vaccino autorizzato per prevenire l’infezione da virus della dengue. In alcuni Paesi endemiche, è stato registrato un vaccino chiamato Dengvaxia, utilizzabile in persone di 9-45 anni d’età. La misura preventiva più efficace contro la dengue rimane l’evitare le punture di zanzara nelle zone endemiche, attraverso l’uso di repellenti, abbigliamento protettivo e altre misure di prevenzione.
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