L’acido urico rappresenta il risultato finale del metabolismo delle proteine, generato dalla decomposizione delle purine (molecole fondamentali del DNA e dell’RNA), ed è espulso attraverso i reni.
Un incremento dei livelli di acido urico nel sangue può derivare da un disequilibrio tra la sua produzione e l’eliminazione.
Cosa accade in questi casi? Vediamolo insieme.
Acido urico, un elemento da tenere sotto controllo
I livelli sierici di acido urico possono riflettere diverse condizioni, motivo per cui è sempre bene tenerli monitorati.
Un aumento dell’acido urico, per esempio, può essere associato a condizioni come la gotta, problemi renali, un’elevata assunzione di alimenti ricchi di purine (come carne e legumi) o persino a neoplasie ematiche.
Tutte condizioni che non devono essere sottovalutate.
Per monitorare il livello di acido urico nel sangue basta, quindi, eseguire un prelievo, il quale deve essere svolto al mattino e possibilmente a digiuno (starà al medico che ha prescritto gli esami indicare se il digiuno è necessario oppure no, in base alle diverse casistiche).
Parliamo, quindi, di un esame davvero poco invasivo e per nulla doloroso, ma che consente di ottenere importanti informazioni.
Livelli alti di acido urico? Ecco l’iperuricemia
L’iperuricemia è caratterizzata da un aumento dei livelli di acido urico nel sangue, al di sopra delle soglie normali.
Si considera infatti iperuricemico un individuo che, dopo cinque giorni di una dieta adeguata a basso contenuto di purine e senza l’assunzione di farmaci che influenzano l’aumento degli acidi, presenta valori superiori a: 7 mg/dl per gli uomini e 6,5 mg/dl per le donne.
Qualora il valore riscontrato dovesse essere superiore addirittura 9 mg/dl, allora sarebbe necessario un intervento terapeutico.
L’iperuricemia è una condizione nota fin dall’antichità, documentata anche da figure storiche come Celso, Galeno e Ippocrate.
Colpisce una piccola percentuale della popolazione (circa lo 0,5%), soprattutto in Europa e Nord America, e ha una forte componente genetica, mentre lo stile di vita ne ha un’influenza minore (è più comune negli uomini tra i 30 e i 50 anni).
L’iperuricemia si può dividere in due classificazioni: primitiva (quando è una malattia acquisita con caratteristiche genetiche) e secondaria (quando è causata da altre patologie o dall’assunzione e abuso di farmaci specifici).
La principale causa scatenante l’iperuricemia è l’eccessivo apporto di purine, sia attraverso il metabolismo del corpo che attraverso l’alimentazione.
Altre cause comprendono poi la ridotta eliminazione renale dell’acido urico e patologie come tumori, chemioterapia, psoriasi, glicogenosi di tipo 1, malattie renali, alimentazione ricca di purine, alcolismo e diabete mellito.
I sintomi possono includere dolore articolare, prurito, gonfiore e arrossamento articolare, coliche renali e ipertensione arteriosa, un insieme di disturbi contro i quali oggi esistono però delle cure efficaci.
Nello specifico, il trattamento prevede l’uso di farmaci antinfiammatori e FANS, la sospensione di farmaci che causano iperuricemia (come aspirina e cortisonici) e l’uso di farmaci per ridurre la produzione o aumentare l’eliminazione di acido urico (come l’allopurinolo o il probenecid).
È essenziale ridurre anche l’assunzione di cibi ricchi di purine, limitare il consumo di alcol e mantenere una buona idratazione per preservare la funzione renale.
Dall’iperuricemia alla gotta
Altra patologia derivante da alti livelli di acido urico nel sangue è la gotta.
Si tratta di una condizione metabolica caratterizzata da episodi ricorrenti di artrite, con dolore, arrossamento e gonfiore delle articolazioni.
Tutti questi sintomi sono causati dal deposito di cristalli di acido urico e finiscono con il danneggiare soprattutto le articolazioni dell’alluce (ciò avviene in circa il 75% dei casi), dove provocano infiammazione e dolore.
Anche in questo caso, la gotta è più comune negli uomini, ma è giusto sottolineare come l’incidenza nelle donne aumenti notevolmente dopo la menopausa.
Come avrete ormai capito, la gotta si manifesta a causa di un’elevata concentrazione di acido urico nel sangue, la quale a sua volta può essere causata da un eccesso di produzione o da una ridotta eliminazione attraverso i reni.
I fattori di rischio per lo sviluppo della gotta includono poi una dieta ricca di carne, pesce e bevande zuccherate, l’obesità, condizioni di salute come ipertensione, alti livelli di colesterolo, malattie cardiache e renali croniche, diabete di tipo 2 e sindrome metabolica, l’uso di alcuni farmaci come diuretici, aspirina a basso dosaggio e farmaci anti-rigetto, la presenza di familiari affetti da gotta, l’età, il sesso e gli interventi chirurgici recenti o traumi, che aumentano il rischio di attacchi di gotta.
Oltre ai classici sintomi, quali dolore acuto alle articolazioni, gonfiore, arrossamento e sensibilità, nei casi più gravi e non trattati di gotta possono svilupparsi anche i tofi, ovvero dei noduli di cristalli di acido urico.
Essi si presentano solitamente intorno alle articolazioni, al lobo dell’orecchio e ai reni.
Per quanto riguarda il trattamento della gotta, esso ha come principale obiettivo quello di limitare i sintomi acuti, prevenire nuovi attacchi e ridurre il rischio di complicanze come i tofi.
Nella fase di cura si possono quindi utilizzare farmaci antinfiammatori non steroidei (i già citati FANS), colchicina o corticosteroidi per i sintomi acuti, oltre che allopurinolo, febuxostat, probenecid e sulfinpirazone per normalizzare i livelli di acido urico.
Molto importante è anche la prevenzione.
Essa coinvolge la gestione del peso corporeo, l’assunzione di liquidi, l’evitare o limitare l’alcol e il seguire una dieta equilibrata, con moderata assunzione di purine e grassi.
La gestione della gotta richiede quindi un approccio multidisciplinare e che includa trattamenti farmacologici, modifiche dello stile di vita e prevenzione delle complicanze.
Lo stile di vita e le abitudini alimentari hanno infatti un impatto significativo sulla manifestazione della gotta.
Adottare un regime di vita sano può essere cruciale nella prevenzione di questa malattia, mentre apportare modifiche dopo un attacco può contribuire a ridurre il rischio di episodi futuri.
Per questo, è fondamentale cercare di mantenere un peso corporeo ottimale, attraverso una dieta equilibrata ed esercizio regolare.
Perdere peso, se necessario, può abbassare i livelli di acido urico nel sangue, ma è importante evitare diete estreme.
Anche l’attività fisica regolare è consigliata, evitando però le attività troppo intense che potrebbero stressare le articolazioni.
È poi bene assicurarsi di bere abbondanti liquidi per mantenere l’idratazione, ma limitare il consumo di bevande zuccherate, soprattutto quelle con fruttosio.
Da limitare o eliminare completamente è invece il consumo di alcol, dal momento che diversi studi recenti suggeriscono che la birra può aumentare il rischio di gotta, soprattutto negli uomini.
Sarebbe poi meglio eliminare dalla dieta cibi ad alto contenuto di purine, come pesce azzurro, molluschi, frattaglie, selvaggina e dado da cucina, limitando anche il consumo di alimenti moderatamente ricchi di purine, come carni bianche e rosse, alcuni tipi di pesce, affettati, legumi e verdure.
Il consiglio è quello di preferire sempre alimenti come pasta e riso non integrali, cereali, latte e latticini magri, formaggi a basso contenuto di grassi, uova, verdure e frutta fresca.
Anche ciliegie e agrumi, frutti ricchi di vitamina C, possono aiutare a ridurre i livelli di acido urico.
Da evitare è poi il fumo, attività che può aumentare il rischio di gotta e complicare il controllo della malattia.