Glutine: fa davvero male? Cosa dice la scienza sulle reali controindicazioni

Il glutine fa davvero male? La scienza sfata miti e credenze su questa proteina, evidenziando chi deve evitarlo per motivi di salute e chi, invece, può consumarlo senza rischi

Negli ultimi dieci anni, il consumo di alimenti privi di glutine è aumentato considerevolmente, spinto dall’idea diffusa che l’eliminazione di questa proteina possa portare a una salute migliore. Secondo le stime, il mercato globale degli alimenti senza glutine raggiungerà un valore di circa 14 miliardi di dollari entro il 2032. Ma è davvero necessario rinunciare al glutine? La scienza offre una visione più sfumata su questo tema, e non sempre supporta l’idea che il glutine sia dannoso per tutti.

Cos’è il glutine?

Iniziamo con una definizione chiara. Il glutine è una proteina che si trova principalmente nel grano, nella segale e nell’orzo. Melinda Dennis, dietista specializzata presso il Celiac Center del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, spiega che il glutine funge da agente legante negli alimenti, conferendo loro struttura e consistenza. La sua presenza è fondamentale in molti prodotti da forno, contribuendo a quella morbidezza e a quella elasticità che tanto apprezziamo nel pane e nella pasta.

Glutine: fa davvero male? Cosa dice la scienza sulle reali controindicazioni
Glutine: fa davvero male? Cosa dice la scienza sulle reali controindicazioni | pixabay @Couleur

 

Contrariamente alla credenza comune, il glutine non è intrinsecamente nocivo. Al contrario, i cereali che lo contengono sono fonti importanti di nutrienti essenziali, come:

  1. Proteine
  2. Fibre
  3. Ferro
  4. Vitamine del gruppo B

I cereali integrali, in particolare, sono stati associati a una serie di benefici per la salute, inclusa una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari.

Nonostante ciò, esistono gruppi di persone che devono evitare il glutine per motivi medici. La celiachia è una malattia autoimmune in cui l’assunzione di glutine provoca una reazione immunitaria che danneggia l’intestino tenue. Per i pazienti affetti da celiachia, l’assunzione anche di piccole quantità di glutine può avere conseguenze gravi, rendendo necessaria una dieta rigorosamente priva di glutine.

Altri individui possono soffrire di sensibilità al glutine non celiaca (NCGS), una condizione in cui i sintomi gastrointestinali, come gonfiore e crampi, si manifestano dopo il consumo di glutine, senza però il danno intestinale tipico della celiachia. È importante notare che, sebbene esistano persone che beneficiano di una dieta priva di glutine, la maggior parte della popolazione non ha alcuna necessità di eliminarlo dalla propria alimentazione.

L’idea che il glutine sia dannoso ha guadagnato popolarità soprattutto grazie a campagne di marketing che hanno associato prodotti “senza glutine” a una salute migliore. Janelle Smith, dietista esperta in malattie digestive, sottolinea come questa visione sia stata amplificata dai media, contribuendo a creare una sorta di moda attorno al glutine. È interessante notare che, prima del 2014, le etichette “senza glutine” non erano comuni sugli alimenti confezionati. Da quel momento in poi, molte aziende hanno iniziato a etichettare prodotti che non avevano mai contenuto glutine, come l’acqua in bottiglia, creando una percezione che il glutine dovesse essere evitato a tutti i costi.

Tuttavia, la scienza non ha trovato prove sufficienti a supporto dell’idea che le diete senza glutine possano migliorare la salute generale o ridurre l’infiammazione in condizioni autoimmuni come l’artrite reumatoide. Uno studio del 2019 ha dimostrato che molti dei presunti benefici di una dieta priva di glutine potrebbero derivare da altri fattori, come la riduzione dell’assunzione di fruttani, carboidrati fermentabili presenti nel grano che alcune persone trovano difficili da digerire.

Nonostante il crescente interesse per la dieta senza glutine, è importante considerare che non tutte le scelte alimentari prive di glutine sono salutari. Un’indagine condotta nel 2023 ha rivelato che il pane senza glutine tende a contenere meno proteine e più grassi rispetto al pane tradizionale. Altri studi hanno messo in evidenza che i prodotti privi di glutine sono spesso più ricchi di zuccheri e calorie e contengono meno fibre e nutrienti rispetto alle loro controparti con glutine.

La sostituzione di alimenti contenenti glutine con alternative prive di glutine può anche portare a carenze nutrizionali. Gli alimenti confezionati senza glutine, come pane e pasta, spesso non contengono le stesse quantità di ferro e folato presenti nei prodotti a base di grano. Questo può risultare problematico, soprattutto per chi segue una dieta priva di glutine senza un’adeguata pianificazione nutrizionale.

Inoltre, la dieta senza glutine non è necessariamente una soluzione per chi desidera perdere peso. Molti prodotti sostitutivi privi di glutine sono ricchi di grassi e calorie, e non è raro che le persone che seguono questa dieta sperimentino un aumento di peso indesiderato.

Se si sospetta di avere una sensibilità al glutine o si è costretti a seguirne una dieta per motivi medici, è fondamentale consultare un medico o un dietista esperto prima di apportare modifiche significative alla propria alimentazione. È altrettanto importante non eliminare il glutine senza un motivo valido, poiché ciò potrebbe portare a una dieta sbilanciata e a carenze nutrizionali.

Per coloro che devono seguire una dieta priva di glutine, esperti come Dennis e Smith suggeriscono di adottare un approccio equilibrato. Una dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura, cereali integrali (senza glutine), legumi e fonti di proteine magre, può offrire un ottimo supporto alla salute generale, contribuendo a ridurre l’infiammazione e migliorare il benessere complessivo.

In definitiva, sebbene ci siano persone per le quali il glutine rappresenta un problema serio, per la maggior parte della popolazione non ci sono prove scientifiche sufficienti che giustifichino l’abbandono di questa proteina. La chiave è trovare un equilibrio e prendere decisioni informate, basate su evidenze scientifiche piuttosto che su tendenze alimentari.

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