Confermato un caso di colera in Italia: tutto ciò che c’è da sapere sulla malattia

A Brescia è stato ricoverato un paziente che ha contratto il colera durante un viaggio in Nigeria: la situazione e le caratteristiche della malattia

Le autorità sanitarie hanno confermato il caso di colera segnalato nei giorni scorsi a Brescia: dagli esami, infatti, è stata accertata la presenza del batterio nel paziente. Tuttavia, è stato precisato che l’infezione non è di origine locale, poiché l’uomo era giunto in Italia dalla Nigeria il 29 gennaio e, nello stesso giorno, aveva iniziato a manifestare sintomi gastrointestinali. La diagnosi è stata confermata dall’Istituto superiore di sanità e comunicata dalla Regione Lombardia. Le analisi hanno individuato il Vibrio cholerae sierotipo Ogawa, un ceppo in grado di produrre l’enterotossina responsabile della malattia. Attualmente, il paziente è ricoverato in terapia intensiva con prognosi riservata, ma è vigile. Nel frattempo, l’Ats di Brescia ha avviato un’indagine epidemiologica per approfondire il caso e adottare eventuali misure di contenimento. Ma che cos’è esattamente il colera?

Caratteristiche, cause, sintomi e molto altro sul colera

Il colera è un’infezione batterica acuta causata dal Vibrio cholerae, che produce un’enterotossina responsabile dei sintomi tipici della malattia. La trasmissione avviene prevalentemente attraverso il consumo di alimenti o acqua contaminati. I sintomi principali includono diarrea abbondante e crampi addominali. Il batterio è in grado di sopravvivere nell’acqua potabile per un periodo compreso tra 7 e 14 giorni e resiste nei corsi d’acqua per uno o due giorni, ma è particolarmente sensibile alle alte temperature.

Caratteristiche del colera
Caratteristiche del colera | Pixabay @kemalbas – Saluteweb

 

Le cause

Il colera è provocato dal Vibrio cholerae, un batterio Gram-negativo che si diffonde principalmente attraverso acqua e cibi infetti. Le epidemie umane sono generalmente associate a due sierogruppi specifici del vibrione: O1, il più diffuso a livello globale, e O139, presente solo in alcune aree dell’Asia.

Dopo l’ingestione, il batterio colonizza l’intestino, dove rilascia una tossina che si lega alle cellule dell’epitelio intestinale, alterando il processo di assorbimento dei liquidi e provocando una grave perdita di acqua. Nel 5-10% dei casi, dopo alcune ore o giorni dall’infezione, si manifestano episodi di diarrea acquosa abbondante, spesso accompagnati da vomito, rapida disidratazione e significativa perdita di peso.

Fortunatamente, nella maggior parte dei casi, il colera si presenta in forma lieve o asintomatica, manifestandosi con episodi diarroici moderati e senza complicazioni.

Come avviene il contagio

Il colera è un’infezione che si trasmette principalmente per via oro-fecale. I principali veicoli di contagio sono l’acqua, considerata il mezzo di diffusione principale, e gli alimenti contaminati, in particolare prodotti di origine vegetale e molluschi come cozze e vongole, che possono entrare in contatto diretto o indiretto con residui fecali di persone infette, portatori sani o individui in fase di convalescenza.

In contesti con scarse condizioni igienico-sanitarie, il Vibrio cholerae può contaminare le risorse idriche destinate al consumo umano o all’irrigazione, determinando la diffusione del batterio nei prodotti ortofrutticoli. Questo microrganismo è in grado di sopravvivere a lungo nell’ambiente esterno, proliferando nelle acque superficiali di fiumi e ruscelli e raggiungendo, in alcuni casi, anche le falde acquifere che si riversano in mare. Di conseguenza, un’importante fonte di trasmissione è rappresentata dal pesce, dai frutti di mare e da altri prodotti ittici, soprattutto se consumati crudi o non sufficientemente cotti. Inoltre, la diffusione del colera può essere favorita dalle mosche e dalla manipolazione di alimenti da parte di persone infette.

Nelle zone in cui la malattia è endemica, il rischio di contagio aumenta anche con il consumo di bevande preparate con ghiaccio o acqua non controllata, così come con il lavaggio di frutta, verdura e stoviglie con acqua contaminata. Anche la scarsa igiene personale può rappresentare un fattore di esposizione all’infezione.

Per tutti questi motivi, l’isolamento ospedaliero dei pazienti colpiti da colera è una misura fondamentale per prevenire la diffusione della malattia ed è obbligatorio per legge.

Sintomi e complicanze

I primi segnali dell’infezione includono episodi di diarrea acquosa abbondante, tipici della malattia, spesso accompagnati da vomito, rapida disidratazione e calo ponderale significativo. Generalmente, non si riscontra la presenza di nausea.

Le scariche diarroiche si verificano senza dolore addominale né tenesmo rettale. La perdita di liquidi può superare un litro all’ora, con feci che assumono un aspetto biancastro e una consistenza simile all’“acqua di riso”, caratterizzate da un odore distintivo.

La disidratazione provoca una serie di sintomi, tra cui:

  • Sete intensa;
  • Riduzione della diuresi (oliguria);
  • Crampi muscolari;
  • Sensazione di debolezza;
  • Perdita evidente dell’elasticità cutanea;
  • Occhi infossati;
  • Pelle raggrinzita.

Inoltre, il paziente può manifestare ipotensione, tachicardia e tachipnea.

Nei quadri clinici più severi possono presentarsi:

  • Emoconcentrazione, dovuta alla perdita di liquidi;
  • Anuria, ovvero assenza di produzione urinaria;
  • Acidosi metabolica;
  • Ipokaliemia, ovvero una riduzione dei livelli di potassio nell’organismo.

Se non trattata tempestivamente, l’infezione può evolvere in ipovolemia e collasso cardiocircolatorio, accompagnati da cianosi e alterazioni dello stato di coscienza fino al torpore. Lo shock ipovolemico può provocare necrosi tubulare renale acuta, aumentando il rischio di insufficienza renale. Nei casi più critici, il decesso può sopraggiungere nell’arco di poche ore.

Prevenzione

Per prevenire il contagio, una volta arrivati in zone a rischio, è fondamentale verificare la qualità dell’acqua destinata al consumo, privilegiando quella in bottiglia sigillata o precedentemente bollita. Anche l’igiene personale deve essere particolarmente curata per ridurre il rischio di infezione.

Prevenzione contro il colera
Prevenzione contro il colera | Pixabay @borgogniels – Saluteweb

 

Un’ulteriore misura preventiva consiste nel consumare esclusivamente cibi ben cotti, evitando in particolare molluschi e verdure crude, che rappresentano gli alimenti più a rischio. È inoltre importante proteggere la pelle dal contatto con insetti che potrebbero trasportare i batteri del colera dagli escrementi agli alimenti.

Per quanto riguarda la vaccinazione contro il colera, questa non è più obbligatoria dal 1973, in seguito alla decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di non imporre più questa misura ai viaggiatori. Nello stesso anno, si verificò un’epidemia di colera nell’Italia meridionale, con 227 casi e 24 decessi in Campania, principalmente legati al consumo di frutti di mare contaminati.

Il rischio per i turisti di contrarre l’infezione durante i viaggi in Paesi endemici è generalmente basso, poiché la malattia è più diffusa nelle aree rurali caratterizzate da condizioni igienico-sanitarie precarie, che di solito non fanno parte delle mete turistiche più frequentate.

Trattamenti disponibili

Poiché la disidratazione rappresenta la complicanza più grave del colera, il trattamento raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si basa principalmente sulla somministrazione di soluzioni per la reidratazione orale, che consentono di ripristinare il bilancio idrico e i livelli di sali minerali, contribuendo a ridurre il tasso di mortalità fino all’1%.

Quando la perdita di liquidi supera il 10% del peso corporeo e il paziente manifesta sintomi come sonnolenza e letargia, è necessario ricorrere alla somministrazione endovenosa di fluidi, per evitare il peggioramento dello stato clinico.

L’uso di antibiotici è riservato ai casi più severi, con l’obiettivo di abbreviare la durata della malattia e limitarne la trasmissione. Il trattamento antibiotico prevede la somministrazione di tetracicline ad alte dosi, oltre a farmaci come sulfadoxina e doxiciclina. Tuttavia, l’impiego di questi medicinali viene valutato con cautela a causa del crescente problema dell’antibiotico-resistenza, che in passato ha portato alla comparsa di ceppi batterici multiresistenti, più aggressivi e difficili da trattare.

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