Si celebra oggi, 8 maggio, l’undicesima Giornata mondiale sul tumore ovarico. Questa, che si festeggia in tutto il mondo, è promossa dalla World Ovarian Cancer Coalition. Il tema scelto per il 2023 è “Nessuna donna resti indietro”: l’obiettivo è sensibilizzare la popolazione sul problema, e aumentare la consapevolezza su questo tumore. A tal proposito, la World Ovarian Cancer Coalition ha scritto: “9 donne su 10 presentano sintomi prima della diagnosi e il 69% delle donne ha poca o nessuna consapevolezza del cancro ovarico prima della diagnosi. Più donne conoscono il cancro alle ovaie, più rapidamente possono rivolgersi al medico, con maggiori possibilità di iniziare il trattamento“.
Ottavo per mortalità, e settimo al mondo per numero di casi, ogni anno il tumore ovarico causa la morte di oltre 200mila donne, colpendone 314mila. Con numeri che continuano a crescere anno dopo anno, si stima che nel 2040 le diagnosi saliranno del 42% (445 mila). I decessi, diversamente, del 50% (313 mila). Nel caso specifico dell’Italia, nel 2020 sono stati registrati 3mila decessi, e poco più di 5mila casi.
Per l’8 maggio, la World Ovarian Cancer Coalition, insieme ad altre organizzazioni che aderiscono alla coalizione, si sono unite per lanciare una campagna social che punti a diffondere, il più possibile, il tema scelto per il 2023. Attraverso diversi strumenti web, l’obiettivo è divulgare la conoscenza del tumore ovarico. La stessa associazione ha dichiarato: “Nel 2022, la campagna ha raggiunto quasi 28 milioni di persone sui soli canali della coalizione”. Diversamente, Acto Italia, associazione membro della World Ovarian Cancer Coalition, ha dichiarato: “È necessario che ognuno di noi si unisca al coro di voci per diffondere la conoscenza del tumore ovarico, uno dei tumori femminili più gravi e silenti, perché solo conoscendone i sintomi, i fattori di rischio e di protezione, le possibilità di prevenzione primaria e secondaria, si può sperare di cambiare il futuro della malattia”.
Il tumore ovarico è un cancro che si origina “dalla proliferazione incontrollata delle cellule dell’epitelio, un sottile strato di tessuto che riveste le ovaie, che si trasformano in cellule maligne”, si legge sul sito dell’Humanitas. Questo è molto difficile da diagnosticare, in quanto non esistono esami di screening specifici. Tuttavia, seguendo un programma di controlli – come ad esempio una visita ginecologica con ecografia transvaginale – è possibile identificare precocemente la presenza della malattia. “La percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 40 per cento circa, soprattutto perché in molti casi la malattia viene diagnosticata quando è in fase già avanzata, ma i dati stanno migliorando grazie ai continui sforzi dei ricercatori”, riporta il sito dell’Airc.
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